C’è un disegno di legge che si prefigge di rendere il parto naturale più sicuro mediante il reinserimento, nel modello assistenziale ostetrico, della Manovra di Kristeller, già giudicata una pratica inefficace e priva di studi clinici efficaci a giustificarla**. Come? Non chiamandola con questo nome, ma mascherandola mediante l’utilizzo di una fantomatica cintura gonfiabile che altro scopo non ha che “spremere” l’utero materno al fine di “agevolare e velocizzare” l’espletamento di quello che ormai pare assurdo chiamare “Parto naturale” visto che di naturale non avrebbe nulla.
Vediamo insieme alcuni articoli:
Art. 1. La presente legge favorisce e promuove il parto per via vaginale frontale in sicurezza di seguito denominato «parto naturale», secondo modalità che assicurino la sicurezza della partoriente, del feto e del neonato.
Nell’articolo 1 si evince la prima enorme assurdità: si definisce “parto naturale” il parto per via vaginale frontale. Ma, la posizione “frontale” della partoriente con chi assiste è la posizione litotomica classica in cui la futura madre si trova sul lettino da parto. Stiamo quindi parlando di qualcosa che di naturale ha poco: una posizione obbligata, comoda solamente per chi assiste, ma la posizione meno istintiva (e quindi naturale) per chi partorisce.
Va altresì sottolineata l’importanza dell’uso appropriato dei termini. Oggi non sempre “parto vaginale” e “parto naturale” sono sinonimi. Anzi, nella maggior parte dei casi purtroppo non lo sono. Non induciamo a credere che aver partorito per via vaginale mediante l’uso di farmaci o manovre o strumentazioni sia qualcosa di naturale…
Art. 3. […] il parto naturale si avvale dei seguenti strumenti:
a) ecografia intrapartum; b) fascia ergonomica gonfiabile, a tre camere, monouso. Le aziende sanitarie ospedaliere attivano percorsi formativi volti a far acquisire al personale l’idoneità necessaria alla pratica del parto naturale, al termine dei quali con esito positivo è rilasciato un attestato di operatore specializzato.
All’articolo 3 troviamo che il suddetto parto naturale si avvale di 2 strumenti. Ecco un’altra assurdità! Anzitutto l’accostamento tra “naturale” e “strumenti”: se qualcosa è naturale per definizione segue ciò che è previsto dalla natura e quindi certamente esclude l’utilizzo di qualsiasi strumento.
Ma vediamo questi strumenti:
- L’ecografia intrapartum: a cosa serve? Forse solo a tutelare chi assiste: le ostetriche. Ma davvero vige tale sfiducia nelle proprie capacità manuali e di semeiotica ostetrica? Dov’è l’antico sapere della levatrice? Dov’è la capacità di osservare una donna, toccarne l’addome, riconoscerne determinati segni per comprendere la situazione? Certo, molto più comodo affidarsi ad una macchina che lavori per noi, così se sbaglia almeno possiamo imputare la colpa ad essa e levarci da ogni responsabilità. Sì, perché purtroppo il nodo centrale è proprio questo: la responsabilità. Perché se no legiferare a favore di una sempre maggior medicalizzazione della nascita? Perché legiferare per fomentare la cosidetta “medicina difensiva”? Il discorso è sempre lo stesso: l’abitudine a delegare tutto ciò che concerne noi stessi e la nostra salute al professionista ha instaurato un perverso meccanismo per il quale non è più previsto né ammesso l’errore e soprattutto non è ammessa la fallibilità. Se fallisci ti denuncio. Ecco che nasce la medicina difensiva. Ed essa ovviamente non può che avvalersi di strumenti sempre più in grado di ridurre la fallibilità o per meglio dire, di costituire un valido imputato sostitutivo.
- Lo stesso discorso vale per il secondo strumento indispensabile per garantire la sicurezza del “parto naturale”: la cintura addominale gonfiabile monouso. Già il nome fa spavento. Se prima c’era il ginecologo a saltare sulla pancia della partoriente per velocizzare l’espulsione del bambino, ora ci pensa una fascia gonfiabile a spremere l’utero materno come un limone. Sembra più l’uso di uno strumento di tortura che un parto naturale.
Ovviamente a questo punto non importa se sono 30 anni che sei ostetrica, non importa quanti parti hai assistito nella tua vita, non importa se hai una laurea apposita e se hai concluso un tirocinio. No, adesso devi seguire dei “percorsi formativi volti a far acquisire al personale l’idoneità necessaria alla pratica del parto naturale, al termine dei quali con esito positivo è rilasciato un attestato di operatore specializzato.” Ovvio, se stravolgi il concetto di parto naturale e lo leghi all’utilizzo di una strumentazione, alle ortiche l’ostetricia!
Ma state tranquille donne, non vi preoccupate famiglie. Il tutto dovrebbe rientrare di diritto nei LEA , i livelli essenziali di assistenza, quindi il costo è totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale (ovvero dei contribuenti). Ma il SSN non era in difficoltà economica? Nelle Regioni non viene previsto il rimborso parziale del parto domiciliare perché mancano i soldi, ma i soldi per un’inutile cintura gonfiabile monouso “strizza uteri” ci sono??!! Inimmaginabile!
Certo stiamo parlando di un disegno di legge (qui la versione integrale) e nulla ancora è stato deciso.
Ma credo sia essenziale una corretta informazione ed una sensibilizzazione sul tema.
Molto trovate in rete sull’argomento, trovate numeri e sperimentazioni. Vi invito a far sì che queste mie poche righe siano uno spunto di riflessione e un punto di partenza per approfondire il tema mediante un’informazione più scientifica possibile e per spronarvi ad una sempre maggior presa di coscienza che non può che portare all’autodeterminazione e all’abbattimento della cultura della delega che ha posto le basi alla nascita della medicina difensiva e alla medicalizzazione.
(**) nella “Risposta all’interrogazione n. 4-06295 Fascicolo n.195” del Senato della Repubblica
Emanuela Rocca